“T’abbii la polpa, che di coda è nodo,
Di quel pesce, c’è femina di tonno [….]
Tu quella in pezzi
Tagliata arrosti ben, di fino sale,
spargendola soltanto, e d’olio ungendo
Poscia i pezzi ne mangia e caldi e intrisi
In forte salsa, e se ti vien la voglia
Asciutti di mangiarli, ancor gustosi
Questi ritrovi […]
Ma perdon tosto il pregio lor se aceto
Spargendovi li rechi alla tua mensa.”
Così si legge nel poema gastronomico di Archestrato di Gela – I piaceri del Buongustaio (trad. di Domenico Scinà, Giuseppe Antonelli editore, Venezia 1842) –, un raffinato gourmet che visse in una delle colonie greche in Sicilia verso la metà del 300 a.C.
Data l’estensione delle coste elleniche, il pesce costituiva una presenza importante nella dieta giornaliera, eppure nell’arte greca sono rare le raffigurazioni della pesca e della vendita del pesce.
Questa kylix (coppa da vino) attica a figure nere rappresenta un mercato del pesce. Su un lato, un pescivendolo si accinge ad affettare un tonno su un ceppo. Sul banco alle sue spalle si scorgono dei tranci. Ai piedi del ceppo, giace una testa di pesce. Sull’altro lato della coppa, un uomo porta un tonno, forse appena pescato.
La kylix è attribuita a un artista vicino al Pittore di Teseo (greco / attico, attivo fra il 510 e il 490 a.C. circa)
Fonte: J. Paul Getty Museum